Relazione di Francesco Barone all’Assemblea del Distretto 207
Montecatini Terme, 21-22 Giugno 1980
Cari Amici Rotariani,
è con piacere (e anche un po’ di commozione) che prendo oggi la parola per indicare i propositi generali a cui penso di ispirare la mia annata rotariana. Salutando i partecipanti al nostro Congresso di Rimini, ai primi di maggio, dicevo la mia speranza di apprendere molte cose utili, per il compito che mi attende, dall’Assemblea Internazionale di Boca Raton, ove per una settimana ho lavorato duro con altri 382 colleghi di tutto il mondo, anch’essi apprendisti governatori. A voi ed ai posteri toccherà giudicare se ho veramente approfittato di quel cursus studiorum.
Ma alcune cose sono certo di averle apprese, magari riconfermando ciò che già supponevo. Tra esse, due mi paiono importanti: che non è necessario essere originali a tutti i costi per dire qualcosa di serio, e che, quando qualcosa di serio è già stato detto da altri, è inutile se non dannoso cercare di ridirlo, magari infiorettandolo: basta metterlo a disposizione di tutti.
Con il conforto di questi apprendimenti, non mi dilungherò sul significato e la funzione che il Rotary può avere in un mondo che, come il nostro, soffre di innumerevoli mali, dall’egoismo all’indifferenza, dalla violenza alla considerazione strumentale dell’uomo. Per chi, come me, ama la riflessione filosofica e risente, come tutti, della deformazione professionale, il non trattenermi su questi temi è rinuncia non da poco. Tuttavia, poiché Rolf J. Klarich, il nuovo Presidente del Rotary International dal 1° luglio, nella sua allocuzione rivolta a Boca Raton a quello che egli ha chiamato il “suo equipaggio”, ha trattato di questo tema con grande semplicità e chiarezza – benché non sia di professione filosofo, o forse proprio per questo – mi è sembrato che la cosa migliore fosse offrire al “mio equipaggio”, che non ha avuto la ventura di navigare sino a Boca Raton, la versione italiana completa del discorso del nostro prossimo Presidente.
La troverete fra le carte che vi saranno tra poco consegnate, assieme al “Messaggio del Presidente”: di questo mi è pervenuto da Zurigo un numero insufficiente di copie, così che sono state messe solo nelle cartelle dei Presidenti di Club. Ma, poiché il Messaggio è costituito da frasi salienti tratte dall’allocuzione di Boca Raton, tutti potranno leggere ed apprezzare l’argomentazione di fondo che ispira il messaggio. Klarich è partito dalla considerazione della profonda somiglianza che vi è tra i motti in cui ogni anno i Presidenti del Rotary sintetizzano il loro programma: ed è somiglianza ovvia e necessaria, poiché i principi del Rotary non sono mutati nei tre quarti di secolo della sua vita. Lo Statuto può certo venire adattato al mutare dei tempi; ma non cambia la norma morale che è fondamento dello Statuto stesso. Così il messaggio è incentrato su essa, sul concetto essenziale che l’ispira come regola di vita: il concetto di “servire”. Avendo un po’ riflettuto, nel passato, sulla “filosofia” del Rotary, sulla concezione dell’uomo e del mondo che facciamo nostra, con maggiore e minore consapevolezza, quando accettiamo di diventare soci di un Club rotariano, io sento una profonda affinità per questo modo di pensare.
Credo che giustamente Klarich sia orgoglioso – come ha detto al suo “equipaggio” – del motto prescelto. Io sarò orgoglioso se il “mio” equipaggio vorrà farlo suo, meditarlo, diffonderlo, tra tutti gli Amici rotariani del distretto. “Trovare il tempo per servire” può essere una facile frase ad effetto, agevole da ripetersi; ma indica un compito arduo e difficile, se ne facciamo un imperativo morale non per i giorni di festa, bensì per ogni momento della quotidiana attività di lavoro. Perché indica un modo di vita. Forse a qualcuno parrà troppo ascetico, poiché ben altri modi oggi allettano. Ma è il modo di vita rotariano; e l’essere rotariani è una scelta. Si può anche non farla; o rinunciarvi. Tuttavia, se si resta rotariani, si deve trovare il tempo per servire, secondo le proprie capacità ed occasioni.
Il Rotary è una scelta morale.
Vi sono sistemi politici che non permettono la libera scelta d’essere rotariani; ma per fortuna non ci sono almeno sistemi politici che obbligano ad essere rotariani. E se noi abbiamo fatto questa scelta morale, consideriamola come una cosa seria.
Né ci spaventi la maestà del concetto di ‘servizio’: si può servire l’umanità partecipando ai grandi progetti del Rotary International; ma lo si fa anche servendo il proprio club ed i suoi membri con la partecipazione alle riunioni, la collaborazione con le commissioni e il contributo alla realizzazione di programmi modesti ma concreti. Chi non trova tempo per queste cose disconosce la natura del Rotary come Club di servizio.
Chi ne è socio accetta l’ideale di considerare tutti i singoli esseri umani come portatori di un valore e di una dignità irripetibili: ad essi dobbiamo rispetto e collaborazione.
Come ogni idea morale anche questo ha una profonda religiosità, senza essere vincolato ad una religione particolare. Ricordo la manifestazione liturgica della domenica 25 maggio a Boca Raton, durante la quale rappresentanti rotariani del zoroastrismo, del confucianesimo, del buddismo, dell’induismo, dell’islamismo, dell’ebraismo e del cristianesimo lessero brani dai testi delle loro religioni. Anche il non credente in qualche specifica dottrina religiosa sentiva che da quelle parole, in cui con sorprendente similarità, nonostante le grandissime diversità culturali, si esaltava l’amore e il rispetto per i singoli, risultava un ideale di vita che è a base di ogni convivenza. E questo è anche l’ideale di servizio del Rotary.
Ciascun Club, nella sua piena autonomia può studiare le vie migliori del servizio secondo le sue disponibilità e secondo la situazione locale. Individuiamo i problemi: poi meditiamo le soluzioni. Il fatto che la nostra attività rotariana sia ispirata da un ideale, non ci deve rendere “idealisti” nel senso volgare di “acchiappanuvole”. Essere realisti significa invece commisurare fini e mezzi. Non disperdiamoci in una miriade di programmi, che non riusciremo certo a realizzare: né puntiamo tutto su un programma solo, magari pluriennale, che le gestioni future potrebbero anche non concludere. Il Rotary International ha una ampia serie di pubblicazioni, che aiutano a individuare i problemi ed a studiare soluzioni.
Un momento dell’attività dei singoli Club può utilmente inserirsi nella attività distrettuale, collaborando in tutti i modi disponibili con i programmi che propongo al Distretto. Durante l’annata di Gianluigi Quaglio, che sta per concludersi, sono state avviate e compiute molte cose importanti. Tra esse, nobilissima, vi è quella – partita da un gruppo di rotariani bolognesi e poi fatta propria dal Distretto – della costituzione di una unità ospedaliera mobile a vantaggio dei profughi indocinesi. L’impresa è avviata bene: ma ha ancora bisogno del nostro sostegno. Pongo il compimento di essa tra i fini primari della mia annata: e vorrei vederla realizzata presto. Come non è indispensabile essere originali per dire cose serie, così è doveroso appoggiare le cose serie anche se non hanno il nostro personale marchio di fabbrica. All’ideale del servire può inchinarsi anche il sentimento, pur legittimo e stimolante, dell’amor proprio. Ed io mi auguro che, con l’aiuto dei colleghi degli altri sei Distretti italiani, l’iniziativa a vantaggio dei profughi indocinesi possa svilupparsi ulteriormente su piano interdistrettuale.
Gli altri miei punti programmatici sono il problema degli handicappati – che sarà nel 1981 al centro dell’attenzione mondiale -, quello della prevenzione contro il diffondersi della droga e la questione delle adozioni, sinora non affrontata dal nostro Distretto, sebbene abbia già avuto soluzioni soddisfacenti in un altro Distretto italiano. Si può osservare che questi punti programmatici non rivelano una grande inventiva e che concernono tutti l’interesse pubblico mondiale o nazionale. A mia difesa posso solo dire che ciò non significa esclusione di progetti diversi che siano presentati dalle varie Commissioni distrettuali, che sin da ora ringrazio per la loro collaborazione. Si tratti di azione interna ed espansione o dell’azione professionale e per la gioventù o dell’importantissima promozione culturale. Significa soltanto che ho individuato, personalmente, questi problemi. Non sono nuovi, purtroppo; e proprio per questo si impongono con sempre maggiore urgenza. Che si tratti sempre di questioni di interesse pubblico dipende da un fatto semplice, anche se spiacevole: i pubblici poteri, infatti, sono proprio quelli che meno si curano dei problemi di interesse pubblico. Su questo punto il nostro ideale del servire può andare a vantaggio di tutta la comunità nazionale. E ancor meglio potremo fare se tutti i Club, così come il Distretto, vorranno avvantaggiarsi del contributo che ci può venire dall’attività, spontanea ed autonoma, delle consorti dei rotariani.
“Trovare il tempo per servire” è un ideale asessuato per l’umanità; richiede invece la conoscenza degli strumenti con cui servire. Ed il Rotary, come organizzazione internazionale, ci offre un’ampia letteratura su questi strumenti. Informarsi su essa è un dovere per i dirigenti di Club. Ma questa informazione non è sufficiente. Potremmo conoscere a memoria tutti gli opuscoli, il manuale di procedura, quello del governatore, quello del presidente, quello del segretario e così via; non avremmo tuttavia trovato ancora davvero il tempo per servire se alla nostra conoscenza, indispensabile, non si accompagnasse la buona volontà di metterla in opera. Un caro, vecchio e saggio maestro dei miei studi filosofici – Immanuel Kant – disse quasi due secoli fa che: ”Non si può pensare nulla nel mondo, ed in generale nulla anche di là da esso, che possa essere considerato buono senza restrizione, al di fuori della buona volontà”. E’ questa buona volontà che chiedo a me ed al mio equipaggio. Non navigheremo come Rolf J. Klarich su un potente transatlantico. Il nostro sarà un più modesto veliero, magari di quelli per cui un tempo andava famosa la mia città di adozione. Ma facciamo sì che, consegnando il veliero a fine giugno dell’81 nelle valide mani del capitano Mattioli, possiamo dire:”Anche noi abbiamo pur toccato qualche porto”.
Auguri, Amici.